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Film, visioni e appunti di cinema


Venezia 72: L'attesa (In Concorso)

Pubblicato da vittorio.zenardi su 8 Settembre 2015, 11:14am

Tags: #FESTIVAL, #CINEMA, #VENEZIA 72

Venezia 72: L'attesa (In Concorso)

Piero Messina presenta in Concorso L'attesa, sua opera prima liberamente ispirata a "La vita che ti diedi" di Luigi Pirandello.
Tra i grandi saloni di un’antica villa segnata dal tempo, Anna, (Juliette Binoche) reduce da un lutto improvviso, trascorre le sue giornate in solitudine.
La campagna siciliana aspra e bellissima circonda la casa e l'isola mentre solo i passi di Pietro (Giorgio Colangeli), il tuttofare, rompon il silenzio.
Ed ecco improvvisamente arrivare Jeanne (Lou de Laâge) una giovane ragazza che dice di essere la fidanzata di Giuseppe (Giovanni Anzaldo), il figlio di Anna.
Lui l’ha invitata in Sicilia per trascorre insieme qualche giorno di vacanza. Anna ignora l’esistenza di Jeanne. E Giuseppe ( non c’è. Ma le sue cose sono tutte lì, nella sua stanza.
Presto, molto presto sarà di ritorno, così dice Anna. I giorni passano, le due donne lentamente imparano a conoscersi e insieme iniziano ad aspettare il giorno di Pasqua, quando Giuseppe tornerà finalmente a casa e in paese si terrà una rappresentazione sacra.
Con una tecnica che ricorda quella usata per i mosaici, Messina costruisce tassello dopo tassello, un'opera in crescendo, svelando poco a poco la reale realtà dei fatti.
Sono i silenzi, accompagnati da inquadrature che si dilatano nel tempo, soprattutto i primi piani riservati alla Binoche, che ci forniscono l'interiorità dei personaggi.
Anche se alcune scene peccano di un eccessivo manierismo, risultano però ben ancorate allo sviluppo della storia.
Quella del materassino che vediamo spostato dal vento davanti alla villa ne é un esempio.
Vedremo poi che Anna lo stringerà a sé facendolo lentamente sgonfiare, come a voler riassaporare il respiro del figlio.
Questi slittamenti di senso, dove l'esteriorità del gesto assume una valenza interiore, come alla ricerca di certezze per alleviare il dolore, appaiono in più di un'occasione.
Il distacco, impossibile da sostenere viene così come sublimato e sostituito dall'immaginario.
La Binoche é sorprendente quando deve mostrare il dolore "muto" di una madre, e raggiunge la vetta massima nella scena della processione pasquale.
Qui immersa nel rito religioso pare come svegliarsi da uno stato di trance, affiora finalmente in lei la consapevolezza della verità, come in una resurrezione al contrario.
Questo sarebbe stato un ottimo finale, che viene invece ritardato con un'altra sequenza, che seppur di sicuro effetto, denota poca fiducia nello spettatore, a cui tutto va spiegato.
Tra l'atro questo aspetto é presente in altre opere viste al Lido.
La sceneggiatura comunque é congegnata in modo da caratterizzare perfettamente i personaggi, e alcuni dialoghi, come quello in macchina delle due protagoniste, hanno il giusto ritmo e il merito di svelarci in modo ironico i caratteri delle due donne.
La fotografia, soprattutto all'inizio, trasforma l'assolata campagna siciliana in un paesaggio plumbeo, dove la nebbia, occlude lo sguardo.
Un promettente esordio, dove Messina getta le basi per lo sviluppo di una sua poetica, noi, in attesa, lo terremo d'occhio.

Vittorio Zenardi

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